Il Trust nasce in Inghilterra, nel Medioevo, quando i cavalieri che partivano per le Crociate lasciavano i propri beni in custodia a persone “di fiducia”, affinché venissero amministrati nel proprio interesse o consegnati agli eredi designati dal cavaliere in caso di mancato ritorno.
Per Trust si intende il rapporto giuridico creato da una persona, denominata disponente (Settlor), per atto tra vivi o mortis causa, allorquando dei beni o diritti vengano trasferiti nel Trust Fund (che si può immaginare come un contenitore) sotto il controllo di un altro soggetto (Trustee) nell’interesse di soggetti terzi (Beneficiari immediati e/o finali), o per uno scopo determinato, eventualmente sotto il controllo del guardiano (Protector), generalmente rappresentato dal soggetto di maggior fiducia del disponente, con funzioni di controllo ed intervento, anche per la sostituzione del Trustee stesso. Per effetto della stipulazione del Trust, a carico del Trustee sorge una obbligazione fiduciaria avente ad oggetto l’amministrazione e la gestione dei beni in Trust secondo il programma stabilito dal disponente, e l’attribuzione finale ai beneficiari.
La Convenzione de l’Aja sul mutuo riconoscimento e sulla legge regolatrice del Trust, adottata l’1 luglio 1985, ratificata dallo Stato italiano con Legge del 16 ottobre 1989 n.ro 364, consente ad ogni cittadino italiano di trasferire i propri beni, anche siti in Italia, in un Trust Fund. Il Trust dovrà essere regolato da una legge straniera poiché lo Stato italiano non ha una disciplina specifica sul Trust, come tutti gli stati di common law. La scelta della legge regolatrice riguarda i rapporti tra i soggetti coinvolti nel Trust. In Italia, solo negli ultimi anni si è avuta una concreta diffusione dell’Istituto e una piena consapevolezza delle sue potenzialità da parte degli operatori giuridici.
Perché nasca un Trust è necessaria una espressa manifestazione di volontà del disponente (persona fisica, giuridica o morale) risultante da atto scritto. L’atto istitutivo del Trust è unilaterale e la forma scritta è richiesta solo ad probationem, mentre è richiesta ad substantiam se il trust ha per oggetto beni immobili. Tecnicamente il documento è unico, ma esso in realtà contiene due negozi. Il primo è il negozio di trasferimento concernente l’attribuzione dei beni dal disponente al trustee. Il secondo, invece, contiene le regole da seguire nella gestione di questi beni. Normalmente il disponente, una volta istituito il Trust, esce di scena, sebbene sia possibile prevedere, mediante apposite clausole negoziali, un suo limitato intervento nel tempo diretto a dare indicazioni in merito ai singoli atti di gestione. Ogni altra ingerenza indebita potrebbe produrre l’effetto di rendere il Trust irrimediabilmente nullo.
La durata del Trust è comunque limitata ad un massimo di cento anni per evitare di bloccare di fatto la circolazione dei beni. In questo senso l’art.8, lett. f) della Convenzione dell’Aja, indica espressamente nella restrizione del termine di durata uno degli elementi che la legge scelta dal costituente deve obbligatoriamente regolamentare, affinché il trust possa essere validamente riconosciuto.
Il problema della trascrivibilità del trust, che per decenni ha interessato dottrina e giurisprudenza, è oggi definitivamente superato da quando, a far data dal 2005, è stato introdotto l’articolo 2645 ter del codice civile che prevede la trascrizione degli atti di destinazione che non superino i 90 anni. Si tratta di una norma che ha sanato non solo ogni dubbio sulla possibilità di trascrivere il trust, ma, soprattutto, ha sancito, indirettamente, la legittimità di tale istituto, purché ovviamente sia finalizzato a realizzare interessi meritevoli di tutela.
La Convenzione fa assurgere i beni del Trust a “patrimonio separato”. Ne consegue che per il combinato disposto degli artt.4, comma 2, e 11, i beni del trust sono insensibili alle vicende dei beni personali del trustee e ovviamente del disponente.
L’effetto, dunque, più evidente è quello reale di protezione dei beni conferiti nel fondo in Trust per il sostegno dei beneficiari (figli, nipoti, disabili, anziani) individuati o individuabili, oppure per il raggiungimento di uno scopo determinato, possibile e non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume (per esempio per far fronte ad una malattia improvvisa o ad un evento inabilitante che possa colpire nel tempo il disponente, oppure in campo commerciale, finanziario e societario o per fornire garanzie a terzi).
A seguito del trasferimento, si verifica l’effetto di segregazione: il patrimonio costituito in Trust diventa inattaccabile da eventuali creditori del disponente e può essere utilizzato per gli scopi per cui è stato destinato, con la conseguenza che i medesimi beni non potranno essere oggetto di azioni esecutive e/o cautelari tanto da parte dei creditori particolari del disponente una volta decorso il termine annuale previsto dall’art. 2929 bis, quanto da quelli del trustee. La caratteristica propria del Trust è rappresentata dal fatto che i beni, oltre ad uscire dal patrimonio del proprietario originario, per tutta la durata del trust entrano nella piena disponibilità dei trustee pur rimanendo nettamente separati dai loro beni personali. Pertanto, anche le vicende personali degli amministratori non costituiranno un pericolo per i beni in trust.
Tutti i beni e diritti facenti parte di un patrimonio familiare o aziendale possono essere costituiti in Trust: beni mobili e immobili, denaro, titoli di credito, strumenti finanziari, quote o azioni di società, brevetti, crediti, gioielli e opere d’arte, polizze assicurative. Non possono essere oggetto di trasferimento beni futuri. Si avrebbe in tal caso un trust inesistente per mancanza dell’elemento essenziale costituito dal patrimonio. Dopo aver trasferito dei beni in un trust è sempre possibile aggiungervi altri beni, anche da parte di soggetti diversi dal disponente, ma non è invece consentito sostituirli o cambiarli. Con il trasferimento dei beni al trust questo potere appartiene ai trustee: liberi di disporne, gli amministratori possono sostituire i beni del trust con altri, nel caso lo ritengano più vantaggioso, purché in coerenza con l’atto istitutivo e senza pregiudizio per le attese dei beneficiari.
Possibili macro-categorie di Trust:
Trust unilaterale
E’ il più diffuso ed è costituito con atto unilaterale del disponente. Può essere interno (laddove tutti i soggetti sono italiani e i beni sono in Italia) o estero (quando anche un solo elemento è estero). Variante ampiamente diffusa è il c.d. “trust autodichiarato” cioè quella tipologia di segregazione nella quale il soggetto disponente e il Trustee coincidono nella stessa persona. In tal caso la costituzione del trust non determina alcun trasferimento, ma si concretizza nella sola apposizione di un vincolo di destinazione su taluni beni del patrimonio del disponente, spesso con scopi previdenziali o assistenziali, certamente ritenuti meritevoli di tutela dal nostro ordinamento. Laddove lo stesso disponente designi se stesso come beneficiario si ha la figura del “trust autodestinato”.
Trust Discrezionale
La sua prerogativa è costituita dalla discrezionalità in capo al Trustee di individuare i beneficiari all’interno di una determinata categoria di potenziali beneficiari e di stabilire l’ammontare e la tipologia della distribuzione dei proventi dei beni del Trust Fund, secondo le indicazioni dettate dal disponente.
Trust di scopo
Viene costituito per raggiungere determinate finalità che possono essere di natura commerciale, finanziaria o caritatevole (Charitable Trust). Il disponente, all’atto istitutivo, non individua i beneficiari nell’interesse dei quali il Trustee debba amministrare i beni, ma uno o più obiettivi da raggiungere. Può assumere la veste di Trust Onlus, ora E.T.S. (Ente del Terzo Settore), come ad esempio un trust per raccogliere donazioni. I Charitable Trust, a differenza di tutte le altre tipologie di Trust, possono avere durata illimitata. Il vantaggio che i Trust di scopo offrono ai potenziali donatori, oltra la tranquillità dell’effetto segregativo, è la certezza della destinazione di quanto donato, come avvenuto ad esempio per il “Trust Ponte Morandi”.
Indicare in maniera esaustiva i possibili settori di utilizzo del trust è impresa ardua, dal momento che l’istituto ha una flessibilità tale da poter essere utilizzato in qualsiasi settore del diritto.
Uno dei temi centrali propri del trust concerne il delicato rapporto tra trust e norme dell’ordinamento interno. La convenzione dell’Aja, all’articolo 15, fa salva l’applicazione delle norme inderogabili di legge del nostro ordinamento, facendo anche un’elencazione non esaustiva (norme in materia di protezione di incapaci, effetti del matrimonio, legittima, protezione dei creditori e dei terzi in buona fede, ecc.).
I singoli aspetti del trust non devono entrare in conflitto con i principi di ordine pubblico. Il che significa che, per esempio, il trust non potrà essere amministrato da un incapace o che i diritti attribuiti con tale istituto non possono ledere la legittima attribuita ad alcune categorie di successibili.
La materia è molto complessa, esige conoscenza della legge straniera di riferimento e richiede molta prudenza di valutazione e di applicazione. Per questo motivo, più che analizzare la struttura e i caratteri di un Trust, mi limiterò qui ad una ricognizione dello “stato dell’arte” in materia e alla concreta applicazione dell’Istituto in Italia, senza avere la presunzione di voler essere esaustiva, con l’intento, soprattutto, di rendere il Trust uno strumento più familiare e indirizzato:
- a chiunque del Trust non abbia alcuna idea o ne abbia un’idea comunque assai vaga;
- a chi non ha fatto ancora ricorso a questo strumento perché non si fida;
- a tutti quelli che, pur conoscendolo, non hanno ancora avuto occasione di pensare al Trust come possibile soluzione al loro specifico problema.
Il Trust è uno strumento utilizzabile da chiunque, non si impiega solo per grandi patrimoni, ma deve essere “grande” la finalità!
E’ fondamentale l’esame concreto della meritevolezza degli interessi.
Perché allora il trust, che è uno strumento perfettamente legale, viene talvolta guardato con sospetto?
Si tratta di un sospetto legittimo.
Infatti, se si utilizza questo strumento con finalità elusive, al fine per esempio di occultare il proprio patrimonio per assicurarsene l’impunità, o se si intenda istituire un trust in frode alla legge o in danno ai creditori, il trust è nullo e il notaio richiesto della stipulazione di un trust, sebbene ai sensi dell’art.27 della legge 16 febbraio 1913 n.ro 89 “è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto”, in caso di trust con finalità manifestamente elusive, può e deve legittimamente rifiutarsi di riceverlo ai sensi dell’art.28 n.1 della medesima legge 89/1913.
Consideriamo che un atto di trust comporta l’uscita di beni da un patrimonio, senza che in cambio entri nulla. E’ quindi necessario verificare se un’operazione di questo tipo sia stata messa in atto ad esempio per sfuggire ai creditori o per aggirare i diritti di eredi legittimi. Sono proprio questi, infatti, i casi in cui il trust non si deve fare.
In molteplici altre circostanze, invece, un trust può legittimamente offrire soluzioni concrete a problemi reali. Le ipotesi formulate costituiscono un esempio di quanto sia duttile lo strumento del Trust, in parte tratte dall’esperienza diretta maturata nei casi affrontati nello svolgimento della professione, casi che hanno ottenuto pieno riconoscimento, in parte nascono dalla elaborazione teorica ricavata dagli studi sull’argomento e della cui attuabilità e liceità non si può dubitare.
Trust quale strumento di protezione degli incapaci:
Il trust “Dopo di noi“, istituito nel 2016 con la legge 112 può essere una soluzione alla domanda che tutti i genitori di un disabile si fanno: cosa sarà di nostro figlio dopo di noi? Domanda angosciante che spesso non trova una soluzione. Il Trust “Dopo di noi” è invece la soluzione ideale per progettare un programma di vita per l’epoca in cui i genitori non ci saranno più, ma deve essere realizzato mentre i genitori sono ancora in vita, dunque più che “dopo di noi”, questo strumento va utilizzato “durante noi”. La legge 112/2016 prevede, oltretutto, un trattamento fiscale di favore e ha come destinatari i disabili gravi di cui all’art.3, comma 3, della legge 104/1992. Ma il Trust può ben essere utilizzato anche per i disabili non gravi e con l’atto istitutivo potranno essere programmati tanto gli assett patrimoniali quanto gli aspetti relativi all’assistenza personale. Pertanto, è utile costituire un trust a cui trasferire i beni necessari per l’assistenza morale e materiale di un figlio disabile per tutta la sua vita. Al trustee, volendolo, potrà spettare anche la designazione delle persone che si occuperanno di lui. Inoltre, si può nominare beneficiario degli utili e dei redditi prodotti dai beni in trust il figlio disabile e beneficiari finali degli stessi beni, al termine del Trust, gli altri figli.
Trust quale strumento di protezione della famiglia:
è in questo ambito che il trust trova maggiore applicazione.
L’utilizzo di questo trust consente di:
- tutelare le coppie omosessuali o le coppie di fatto
- proteggere i beni della famiglia: un palazzo storico, beni mobili, il patrimonio familiare, conservandone la sua unità anche dopo la morte del disponente
- vincolare in un Trust uno o più beni per evitare che il naturale destinatario, entratone in possesso, li dissipi o li gestisca male, o peggio li esponga all’aggressione dei creditori. Questo trust viene denominato “Trust del prodigo”. L’interesse potrebbe essere dello stesso prodigo, il quale, consapevole della propria radicata abitudine, intende difendere il proprio patrimonio dalla propensione allo sperpero, in questa ipotesi il Trust è “autodestinato”
- tutelare il fratello più debole qualora il patrimonio fosse in comune con il prodigo o l’indegno
- tutelare il patrimonio di colui che è dedito al gioco d’azzardo
- permettere ai nonni di garantire ai nipoti un futuro
- tutelare gli interessi in una procedura di separazione e divorzio: garantire nel tempo che la parte che si è assunto delle obbligazioni le adempia.
L’esperienza ci porta a considerare ad es. come molti diciottenni, pur avendo per legge raggiunto la maggiore età, non possono sempre essere considerati in grado di gestire consistenti eredità. Il trust serve perciò a trasferire il patrimonio, ma ritardandone l’affidamento definitivo nelle mani del giovane e preservando i beni fino a quando ciò sarà necessario.
Immaginiamo ad esempio il caso di un nonno che intende assicurare un futuro ai nipoti. Secondo il nostro diritto civile, ha una sola scelta: donare i beni ai nipoti. Ma se sono minori, ad amministrarli sarà il genitore che magari non gode la fiducia del nonno. Ecco, in questo caso il trust è uno strumento insostituibile: il nonno lo istituisce ed affida i beni ad un trustee di sua fiducia, stabilendo che beneficiari saranno i nipoti ed impartendo istruzioni al trustee circa le sue volontà nel tempo.
Il Trust per mantenere il figlio agli studi ha come finalità quella di assicurare che la carriera scolastica e l’avviamento all’autonomia professionale possano avere garantita nel tempo la disponibilità economica sufficiente senza subire ripercussioni da eventuali difficoltà economiche in capo ai genitori, dissidi tra i medesimi, condizioni di salute dei genitori o altro. Il Trust si estingue ad una data prefissata, oppure quando il beneficiario completa gli studi o quando è stato raggiunto lo scopo. Questo tipo di Trust è un trust misto, con le caratteristiche sia del Trust Unilaterale che del Trust di Scopo, in quanto viene costituito per il raggiungimento della finalità indicata dal disponente a favore del beneficiario.
Un altro caso è sempre più diffuso nei nostri studi professionali: una persona si avvia ad un’età avanzata e intende assicurarsi tutte le cure di cui potrà aver bisogno nel corso degli anni. Ma deve proteggersi “da se stesso“, vale a dire da persone che potrebbero nel tempo approfittare del suo stato di debolezza. L’istituzione di un trust, con un trustee di fiducia, è l’unico mezzo giuridico valido e inattaccabile capace di rispondere a questa legittima esigenza.
Per quanto concerne l’utilizzo del trust nel corso della crisi coniugale, esso potrebbe costituire uno strumento utile sia in un momento antecedente l’inizio del procedimento di separazione o divorzio, sia successivamente, una volta che la volontà delle parti (in sede consensuale) o la determinazione del giudice (in sede contenziosa) abbiano imposto un contributo di mantenimento o un assegno a carico di un coniuge. Al riguardo, l’effetto segregativo proprio del trust consentirebbe di opporre il vincolo ai creditori del disponente, così garantendo il pagamento delle prestazioni periodiche in favore del coniuge e/o dei figli anche contro possibili azioni esecutive di terzi (fatte salve, ovviamente, possibili domande revocatorie). La stipulazione di un trust in questi casi potrebbe usufruire anche del favorevole trattamento fiscale, trattandosi di un atto che ricadrebbe comunque, ove relativo ad un procedimento di separazione o divorzio, sotto il disposto dell’art.19 l. div., esteso, come noto, dalla Corte Costituzionale alla separazione personale.
Trust quale strumento di pianificazione successoria:
l’utilizzo del trust consente di:
- evitare, alla morte del disponente, l’apertura di una successione ereditaria: tutti i beni vengono conferiti in trust prima;
- nessuna imposta di successione sarà dovuta in assenza di successione ereditaria;
- possibilità per il disponente di designare, per i diversi beni e nel rispetto delle rispettive quote di legittima, i soggetti più indicati a subentrare nella sua posizione.
Trust quale strumento di protezione personale:
questo tipo di Trust potrebbe essere molto utile ai professionisti (medici, architetti, ingegneri, avvocati, commercialisti) da sempre indicati come i soggetti maggiormente esposti al rischio di aggressioni (sequestri, pignoramenti) da parte dei clienti che intendano promuovere cause di risarcimento danni. Rispetto ad altre soluzioni che prevedono l’intestazione di beni a terzi (moglie, figli, prestanome) o la stipula di polizze assicurative, l’utilizzo del trust consente di assicurare continuità alla nomina (moglie, figli, prestanome possono morire), formale separatezza patrimoniale e minor costo.
Trust quale strumento di tutela dei dipendenti:
accade che somme accantonate a favore del personale di una azienda (per l’erogazione di premi, di incentivi, per assicurazioni, per fondi pensione, ecc..) vangano spese per far fronte ad altre necessità: In caso di insolvenza dell’azienda per il dipendente sarebbe assai difficile recuperare dette somme. Ricorrendo al Trust, l’azienda dovrebbe versare le citate somme nel Trust: beneficiari sarebbero i dipendenti e l’azienda non potrebbe più disporre delle somme conferite nel Trust.
Trust quale strumento di devoluzione delle polizze vita:
l’utilizzo di questo trust consente di:
- congelare o segregare il capitale proveniente da una polizza assicurativa, in tal caso si istituisce un “Trust di polizza assicurativa” che può avere, tra le proprie finalità, quella di procrastinare l’immissione in possesso di un determinato capitale per un periodo prestabilito. Si pensi, ad esempio, al genitore separato il quale stipula una polizza assicurativa sulla vita a favore del figlio minore, ma non ha desiderio che, in caso di morte, la somma venga gestita dall’ex coniuge. Con il Trust di polizza assicurativa il padre può far si che il premio venga pagato dall’assicurazione ad un Trust, il cui Trustee lo amministra per un determinato periodo (per esempio sino alla maggiore età del figlio) nell’interesse del minore e poi assegna l’intera somma residua al figlio divenuto maggiorenne;
- sottoscrivere una polizza vita senza dover individuare nominativamente il/i beneficiario/i; sarà il trustee, nominato beneficiario della polizza, ad incassare la somma stabilita dalla polizza e a provvedere poi a devolverla ai beneficiari indicati nell’atto istitutivo del trust. Il vantaggio offerto dall’utilizzo del trust è, oltre all’anonimato sui beneficiari effettivi, quello di poter indicare i beneficiari per classi o categorie (figli, nipoti, ecc..).
Trust quale strumento di garanzia:
l’utilizzo di questo trust consente di:
- garantire un prestito obbligazionario. Si realizza attraverso il conferimento di un immobile ad una società controllata che emette nuove azioni a fronte del conferimento. La società emittente il prestito obbligazionario istituisce un trust nel quale conferisce le azioni della controllata. Allo scadere del termine, il Trustee accerta che il rimborso del prestito obbligazionario abbia avuto luogo e, in caso positivo, trasferisce i beni al disponente. In caso negativo, il Trustee adotterà tutte le misure necessarie per rimborsare gli obbligazionisti, per es. alienando il bene o ogni reddito accumulato durante la vita del Trust. Al disponente verrà trasferito solo quanto sia residuato dopo aver soddisfatto gli obbligazionisti. In tal caso i beneficiari sono gli obbligazionisti ed il Trust è irrevocabile.
- Ancora, immaginiamo che in una società vengano stabiliti patti che bloccano per un tempo medio, ad esempio tre mesi, la vendita delle azioni. Se in quei tre mesi arriva un creditore dell’azionista con una sentenza esecutiva, le azioni potrebbero essere pignorate. Il trust mette a riparo da questa eventualità per il periodo prestabilito. Ferme restando ovviamente le ragioni dei creditori, ma tutelando al tempo stesso quelle degli altri soci.
Trust quale strumento di successione in gruppi aziendali:
il Trust rappresenta la soluzione ideale per i molti imprenditori che si trovano in questa situazione. Dapprima si costituirà una società (holding) alla quale saranno trasferite le quote delle diverse aziende. Le azioni o quote della holding saranno poi a loro volta conferite, anche eventualmente insieme alle altre proprietà dell’imprenditore, ad un Trust appositamente istituito. Il trustee nominerà amministratori delle aziende i figli o il figlio indicato dall’imprenditore. Gli altri eredi non potranno contestare tale nomina, pur beneficiando degli utili prodotti dalle aziende.
Trust liquidatorio:
Il trust può rappresentare uno strumento che offre maggiori potenzialità, rispetto alle soluzioni tradizionali, per gestire la crisi di impresa.
E’ stata riconosciuta la legittimità:
- del c.d. trust “protettivo” con scopo puramente liquidatorio, istituito al fine di favorire la liquidazione di società, sostituendo la procedura di liquidazione con l’obiettivo di realizzare l’attivo, pagare il passivo e ripartire l’avanzo;
- del d. trust “di salvataggio” concluso quale alternativa alle misure concordate di risoluzione della crisi d’impresa; il trust diviene in tal caso elemento di un piano di concordato preventivo. Nella realtà al fine di agevolare il buon esito di una procedura di concordato preventivo, è stato istituito un trust mediante il quale determinati soggetti (familiari dell’imprenditore in crisi) hanno messo a disposizione della procedura alcuni beni immobili, in modo che, con il ricavato della loro vendita, si incrementasse il margine di soddisfazione dei creditori.
Profili fiscali
In termini generali si può dire che il Trust è sottoposto ad una imposizione:
- diretta
- indiretta
I momenti rilevanti a tale fine sono:
- l’atto istitutivo del Trust
- l’atto di disposizione del patrimonio in Trust
- l’attività di amministrazione e gestione del patrimonio in Trust posta in essere dal trustee
- l’atto di attribuzione del patrimonio in Trust ai beneficiari posto in essere dal trustee sulla
base di quanto previsto nell’atto istitutivo.
Il trust sconta l’imposta di donazione esclusivamente nel caso in cui esso attui una liberalità (esempio classico è quello del trust familiare).
Tale imposta, invece, non è dovuta qualora il trust sia istituito per altre finalità, per esempio a scopo di garanzia o liquidatorio.
La giurisprudenza di legittimità ormai afferma che l’imposta di donazione è dovuta al momento dell’attribuzione dei beni ai beneficiari e non al momento della stipula dell’atto istitutivo di trust.
Ne consegue che ogni valutazione concernente l’ammontare dell’imposta dovrà effettuarsi alla fine del trust ed alla luce del regime fiscale allora vigente.
Secondo il più recente orientamento della Cassazione il trust che abbia ad oggetto beni immobili sconta, al momento della costituzione, le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa sia nel caso di trust con trasferimento dei beni al trustee che in quello di trust autodichiarato.
Pertanto anche il pagamento in misura proporzionale di tali imposte è differito al momento dell’eventuale attribuzione dei beni ai beneficiari finali.
E’ possibile per il trustee richiedere le agevolazioni per la prima casa di abitazione qualora il beneficiario sia in possesso dei relativi requisiti.
Quando oggetto del fondo in trust è un immobile, le imposte sulla proprietà (IMU, TARI) devono essere pagate, con il denaro in trust, dal Trustee e non dal trust (il quale, infatti, è considerato dalla normativa fiscale un soggetto giuridico solo ai fini delle imposte dirette).
Non è raro, purtroppo, che tali imposte continuino ad essere pagate dal disponente (anche se costui non ricopre l’ufficio di trustee), il che espone al rischio che l’Agenzia delle Entrate disconosca l’esistenza del trust, ritenendolo fittiziamente interposto, cioè simulato.
Dal punto di vista fiscale, l’articolo 73 del DPR 917/1973, il testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), considera il trust come un vero e proprio “soggetto” , con la conseguenza che il trust è qualificato come soggetto passivo rispetto all’applicazione dell’imposta sul reddito delle società (Ires).
Qualora il trust sia “trasparente” (ossia con la percezione del reddito conseguito dai beni in trust da parte dei beneficiari cc.dd. immediati, vigente il trust) i redditi sono imputati “per trasparenza” ai beneficiari «individuati». Questi redditi “imputati” ai beneficiari (perciò tassati indipendentemente dall’effettiva percezione) hanno la natura di “redditi di capitale” e quindi sono da tassare in base alle aliquote personali del singolo beneficiario.
In presenza di trust “opaco” (che non prevede individuazione di beneficiari immediati) i redditi vengono direttamente attribuiti e tassati in capo al trust medesimo.
Il trust, sia esso “trasparente” o “opaco”, è inoltre tenuto (per mezzo del trustee) ad adempiere specifici obblighi: dotarsi di un proprio codice fiscale, tenere le apposite scritture contabili, presentare annualmente la dichiarazione dei redditi e, qualora eserciti attività commerciale, aprire una propria partita Iva.
Differenze con altri istituti giuridici:
Trust e vincolo di destinazione previsto dall’art.2645 ter c.c.:
Trust e vincolo di destinazione sono istituti ben distinti tra loro.
Le differenze riguardano:
- i beni: solo immobili o beni mobili registrati per il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., qualsiasi bene per il Trust;
- la durata: la vita del beneficiario o un massimo di 90 anni per il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., quella prevista dalla legge applicabile per il Trust;
- la forma dell’atto istitutivo: forma pubblica per il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., quella forma prevista dalla legge applicabile o dei beni che ne sono oggetto per il Trust;
- i soggetti: unilaterale il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., partecipazione generalmente di due soggetti nel Trust;
- lo scopo: il bene vincolato ex art. 2645-ter c.c. è destinato al raggiungimento dello scopo, la particolarità del Trust è la sua versatilità e duttilità.
Trust e patrimoni destinati ad uno specifico affare previsti dall’art.2447 c.c.:
I patrimoni destinati sono gestiti dagli amministratori della società che li ha costituiti, mentre il trust istituito dalla società per destinarvi un complesso di beni a uno specifico affare non deve necessariamente essere gestito dalla società. Senza considerare che alcuni affari non sono tali per il codice civile e quindi non giustificano la costituzione del patrimonio destinato, mentre possono essere una legittima finalità per la costituzione di un Trust.
Trust e Fondazione:
Pur essendo la figura più vicina al trust, la Fondazione presenta alcune sostanziali differenze. La Fondazione diviene titolare dei beni conferiti dal fondatore, mentre nel Trust la titolarità dei beni è del Trustee. Il conferimento dei beni nella Fondazione è revocabile, mentre il conferimento dei beni in Trust è più difficilmente revocabile, se non addirittura impossibile nel caso di Trust irrevocabile.
Trust e società:
I beni conferiti dal socio per la costituzione della società non sono più aggredibili dai terzi, ma sono aggredibili le quote o le azioni emesse dalla società. Con l’istituzione del Trust il disponente non riceve quote o azioni a fronte del conferimento fatto e risulta pertanto impossibile per i terzi aggredirle.
Trust e Fondo patrimoniale:
Il Fondo patrimoniale è il particolare strumento giuridico attraverso il quale i coniugi possono vincolare alcuni beni personali per i bisogni della famiglia.
Il Trust a differenza del Fondo patrimoniale può:
- essere utilizzato anche da persone non unite dal vincolo coniugale;
- avere ad oggetto qualsiasi bene.
Trust e mandato fiduciario:
I beni intestati ad una società fiduciaria in forza di un mandato fiduciario si considerano appartenenti al fiduciante, mentre quelli in Trust appartengono al Trustee.
Nel mandato fiduciario il fiduciante da istruzioni alla fiduciaria su come amministrare i beni fiduciariamente intestati; nel Trust il Trustee amministra i beni discrezionalmente sulla base di quanto stabilito nell’atto istitutivo di Trust. Il mandato fiduciario si estingue, generalmente, alla morte del fiduciante; il Trust resta in vita anche in caso di morte del disponente.
Trust ed esecutore testamentario:
L’esecutore testamentario deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto, ma, a differenza del Trustee, non diviene proprietario dei beni inclusi nella massa ereditaria; l’esecutore testamentario può solo ricevere dal testatore il potere di alienare i beni e ripartirne il ricavato o farne la divisione tra gli eredi. L’esecutore testamentario non può, a differenza del Trust, mantenere il possesso dei beni ereditari per oltre un anno, prorogabile una sola volta; la scelta del Trust diviene quindi obbligata qualora la massa ereditaria e la sua ripartizione risulti particolarmente lunga e complessa.
Trust e gestioni patrimoniali:
Le gestioni patrimoniali hanno ben poco da spartire con il Trust se non l’aspetto segregativo che li accomuna e che dovrebbe garantire che il cliente non sia coinvolto nell’eventuale dissesto del gestore o del Trustee. Ma a differenza di quanto avviene nel caso del Trust, gli strumenti finanziari oggetto di una gestione patrimoniale sono sempre e comunque di proprietà del cliente del gestore e quindi esposti ad azioni esecutive dei propri creditori.
Trust e Fondi comuni di investimento:
Il Fondo comune di investimento (incluso quello di tipo immobiliare) è un organismo che raccoglie il risparmio apportato da una pluralità di soggetti (i sottoscrittori) ed emette, a fronte dell’apporto da questi fatto, dei titoli di partecipazione al fondo (le quote del fondo) ed investe in strumenti finanziari o beni immobili. Le quote del Fondo, pur essendo rappresentative di un patrimonio autonomo, distinto e separato a tutti gli effetti da quello della Società di Gestione del Risparmio che lo ha costituito, sono di proprietà del sottoscrittore e, come tali, aggredibili dai propri creditori. Con l’istituzione del Trust il disponente non riceve invece quote a fronte del conferimento fatto e risulta, pertanto, impossibile per i terzi aggredirle.
Notaio Dottoressa Marcella Reni
Per info contattare: tel. +39-0966-45666 – WhatsApp al numero 334-2721437 – E-mail: info@alhubconsulting.it
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