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Consumi ed abusi nel mercato dell’energia elettrica.

Consumi ed abusi nel mercato dell’energia elettrica.

Assistiamo inermi in quest’ultimo periodo a spropositati aumenti del costo dell’energia elettrica e di altre materie prime e beni di consumo che sono imprescindibili nella vita di ogni giorno.

Se la situazione per famiglie ed imprese è già di enorme difficoltà di fronte ad una spesa spropositata che non è mai trasparente nella lettura delle temutissime bollette di pagamento, il problema può assumere contorni drammatici nel caso in cui si è vittima di palesi abusi che possono determinare la cessazione di fatto di una società commerciale, che per la tipologia di attività esercitata non può assolutamente sopportare i costi, spesso ingiusti, imposti dalla società di fornitura di energia elettrica che gode di una indiscussa posizione di dominio sul mercato, una forza che in alcuni casi può trasformarsi in arbitrio a danno del consumatore.

A ciò si aggiunga la difficoltà oggettiva dei tempi della nostra giustizia che spesso non riesce a rispondere all’unica via lasciata all’utente, ossia quella di ricorrere al Tribunale. Le lungaggini processuali sono infatti un altro male cronico del sistema Italia ed a volte, anche un esito giudiziale favorevole per il consumatore ha un’efficacia relativa o nessuna efficacia nei casi più gravi, poiché interviene quando ormai il danno subito è irreparabile ed irreversibile.

Ma fortunatamente non sempre è così.

Accadeva qualche tempo fa che Enel Servizio Elettrico S.P.A. a seguito di un controllo sull’impianto elettrico di una società commerciale, verificava l’esistenza di un presunto prelievo abusivo di energia elettrica, sebbene nel Verbale di accertamento si dava atto che, una volta eliminata la sezione di cavo abusivo, il funzionamento dell’impianto ed il relativo consumo elettrico nei locali avveniva comunque correttamente senza alcuna interruzione ed inoltre non veniva fatto alcun inventario dei beni strumentali alimentati ad energia elettrica.

Le conseguenze dell’accaduto sono state di rilevante gravità poiché alla società commerciale interessata veniva da un lato contestato il reato di furto aggravato di energia elettrica ex artt. 624, 625 n. 2 e 7 del codice penale, mentre per altro verso Enel Servizio Elettrico S.P.A. non si faceva sfuggire l’occasione di intimare il pagamento immediato di ben 51.545,08 Euro, ricalcolato sul “consumo presunto” degli ultimi 5 anni, pena il distacco della fornitura di energia elettrica, che avrebbe rappresentato la inevitabile cessazione e morte dell’impresa.

Per evitare ciò veniva effettuato il sopra indicato e gravoso pagamento con riserva di ripetizione e contestualmente veniva incaricato un professionista altamente specializzato in ingegneria elettronica che dopo avere controllato la regolarità dell’impianto e dei circuiti elettrici in questione, faceva un capillare inventario di tutti i macchinari e gli strumenti presenti all’interno dei locali dell’azienda alimentati ad energia elettrica con l’annotazione della singola classe di consumo di ciascuno di essi e, successivamente, servendosi di apparecchiature e software di ultimissima generazione, collegava tale strumentazione agli stessi ed al contatore simulandone l’utilizzazione a regime medio-massimo per un periodo ininterrotto di 30 giorni (h24), al fine di registrare il consumo complessivo in maniera effettiva. Una volta acquisiti tutti questi dati veniva redatta Consulenza Tecnica di Parte a cui veniva allegata tutta la documentazione relativa ai suddetti calcoli del consumo reale e non presuntivo o forfettario dell’attività commerciale considerata e veniva accertato l’assoluta e palese incongruità della fattura emessa da Enel Servizio Elettrico S.P.A. che non aveva alcun riscontro oggettivo con i consumi reali del quinquennio considerato, il cui corrispondente importo era stato già soddisfatto attraverso il regolare pagamento delle fatture emesse nell’ultimo quinquennio.

Veniva quindi avviato un procedimento di urgenza davanti al Tribunale Civile di Palmi, che ravvisando i requisiti essenziali richiesti dalla legge (fumus boni iuris e periculum in mora), disponeva Consulenza Tecnica d’Ufficio, il cui risultato finale era assolutamente sovrapponibile a quello della CTP presentata. L’esito finale era pienamente positivo a seguito di Reclamo al Collegio del Tribunale civile di Palmi ex art. 669 terdecies c.p.c. che emetteva Ordinanza con la quale annullava l’esosa ed infondata fattura in contestazione e condannava la società di fornitura dell’energia elettrica alla restituzione della somma di € 51.545,08 pagata.    Vi è da aggiungere che anche l’esito del giudizio penale successivamente si concludeva più che positivamente per la società in questione che veniva assolta con formula piena ex art. 530 c.p.c. e la sentenza in parola non veniva appellata, passando in giudicato, mentre in sede civile il giudizio non veniva proseguito e riassunto nel merito da Enel Servizio Elettrico S.P.A., ossia dal soggetto che certamente ne aveva più interesse.

Ma la situazione non era affatto chiusa.

Enel Servizio Elettrico S.P.A. infatti dopo oltre un anno, adiva con atto di citazione il Tribunale Civile di Catanzaro, convenendo la stessa vessata società commerciale per la medesima questione già decisa con l’Ordinanza cautelare del Collegio del Tribunale di Palmi e richiedeva nuovamente il pagamento dell’esorbitante fattura di € 51.545,08 – assumendo che la suddetta Ordinanza cautelare non avesse l’efficacia della definitività tipica della sentenza e che nessun effetto avesse la sentenza penale assolutoria nel processo civile, criticando altresì i calcoli della CTP e della CTU che avevano accertato l’incongruità manifesta dei calcoli del consumo di energia elettrica nel periodo considerato.

Il processo, particolarmente complesso, dopo oltre 6 anni si è concluso con il rigetto della domanda di Enel Servizio Elettrico S.P.A., poiché il Tribunale di Catanzaro accogliendo le motivazioni di particolare interesse giuridico dedotte dalla società convenuta, statuiva l’applicazione al caso di specie dell’art. 652 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno) , adottando il principio di diritto espresso dai Giudici di Legittimità (Sentenza Suprema Corte di Cassazione Sez. III Civ. n. 24342/2015).  Nel caso specifico, è stato dimostrato che l’Enel era stata perfettamente messa nelle condizioni di partecipare al processo penale avendo ricevuto le rituali notifiche relative all’avvio del procedimento ma aveva consapevolmente deciso di non costituirsi parte civile e la sentenza penale ampiamente assolutoria ed irrevocabile del Tribunale Penale di Palmi spiegava quindi pienamente gli effetti tipici del giudicato penale nel processo civile in parola che aveva ad oggetto appunto la restituzione di somme.

Particolarmente interessante è la seconda motivazione sollevata ed accolta dal Tribunale di Catanzaro: è stato infatti rilevato che ENEL Servizio Elettrico Nazionale S.P.A. non ha introdotto l’azione di merito prevista dalla legge entro il termine perentorio di 60 giorni dalla comunicazione dell’Ordinanza del Tribunale Civile di Palmi del 03.02.2014, con cui era stato accolto il Reclamo cautelare della società commerciale. Rispetto a ciò, la Cassazione Civile con Ordinanza n. 4292/2015 dispone che l’ordinanza emessa in sede di reclamo ex artt. 669 terdecies e 703 comma 3 cpc “in nessun caso può coniugare i requisiti della definitività e decisorietà indispensabili affinché possa essere oggetto di ricorso per Cassazione”. Infatti, o l’ordinanza è assorbita dalla sentenza che definisce il giudizio di cognizione instaurato con la richiesta di prosecuzione del giudizio ai sensi dell’art. 703 c. 4 cpc, (“Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l’articolo 669-novies, terzo comma“); oppure – in mancanza di prosecuzione del giudizio – si prospetta un’alternativa che esclude, in qualunque modo, la ricorribilità per Cassazione dell’ordinanza che decide sul reclamo.

La Corte ritiene che l’estinzione del giudizio possessorio per mancata prosecuzione nelle forme del rito ordinario, comporti una preclusione pro iudicato, come nel caso previsto dall’art. 653 cpc, c. 1, seconda ipotesi (“Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva”). L’effetto di cui all’art. 653 cpc, valevole tanto per il decreto ingiuntivo quanto per l’ordinanza ex art. 186 ter cpc.

La parte che, in forza del quarto comma art. 703 c.p.c., abbia rinunciato a dar seguito al giudizio al fine di ottenere una sentenza sul merito possessorio, realizza una condotta acquiescente che rende irretrattabile l’ordinanza possessoria munendola di stabilità non più solo endoprocessuale bensì anche esterna e parificabile a quella della sentenza passata in giudicato, interpretazione per nulla in contrasto col principio costituzionale in virtù del quale il giudicato sui diritti o sugli status esige garanzia della cognizione piena, laddove si tenga in considerazione che irrinunciabile non è “l’effettivo svolgimento di un giudizio presidiato dalle forme della cognizione piena, ma la sua possibilità” , intendendo quest’ultima come il potere della parte di abbracciare l’opzione di far proseguire il giudizio possessorio secondo il rito ordinario oppure rinunciare alla stessa. Nel primo caso l’ordinanza è destinata a essere rimessa in discussione in seno ad un autonomo procedimento ed è, pertanto, priva del requisito della decisorietà, nel secondo caso l’ordinanza è coperta dalla preclusione pro iudicato.

Naturalmente il Tribunale di Catanzaro ha valorizzato gli esiti della CTP e della CTU già eseguite nel procedimento cautelare celebratosi davanti al Tribunale di Palmi e che avevano dimostrato scientificamente come i consumi effettivi e reali non coincidevano in alcun modo con quelli presunti ed infondati calcolati con metodo assolutamente discutibile dalla società di fornitura dell’energia elettrica.

Avv. Giuseppe Germanò

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