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ATTRIBUZIONI DI COMPETENZE IN TEMA DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE AI NOTAI: UNA RIFORMA EPOCALE

ATTRIBUZIONI DI COMPETENZE IN TEMA DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE AI NOTAI: UNA RIFORMA EPOCALE

Lo scorso 17 ottobre 2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 «in attuazione della L. 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».

Tra le importanti novità recate dal decreto, particolare rilievo assume l’attribuzione ai notai della competenza in materia di «autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione».

In particolare ai sensi dell’art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 149/2022 «le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante».

Inoltre il successivo articolo 22 modifica l’art. 56, comma 2, Legge Notarile, prevendendo la competenza del notaio anche per la nomina dell’interprete chiamato ad assistere i comparenti sordi e/o muti nella stipula degli atti che li vedono protagonisti.

Si tratta di una vera rivoluzione nel campo della volontaria giurisdizione, fino ad oggi riservata esclusivamente al giudice, grazie all’introduzione di una competenza concorrente che continuerà a garantire la tutela dei minori e dei soggetti destinatari di misure di protezione, al contempo alleggerendo il carico alle cancellerie dei tribunali e accelerando i tempi di ottenimento del provvedimento autorizzativo, il tutto nell’interesse del soggetto incapace.

Ma, andiamo con ordine.

Interessate dalla novella sono le fattispecie di esclusione e limitazione della capacità di agire, le quali implicano la necessità per il soggetto incapace – che debba prendere parte alla stipula di un atto notarile – di essere rispettivamente sostituito dal rappresentate legale ovvero assistito dal soggetto all’uopo nominato, previo ottenimento dell’autorizzazione prescritta dalla legge.

Ogni ipotesi di incapacità o di limitata capacità di agire è regolata da una specifica disciplina contenuta nel codice civile, principalmente finalizzata alla tutela del soggetto che ne è destinatario.

Con riferimento ai minori, l’ordinamento riconosce in capo ai genitori la c.d. responsabilità genitoriale, da esercitarsi tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. La responsabilità genitoriale comporta l’assunzione di una serie di poteri-doveri in capo ai genitori, tra i quali quello di sostituzione nelle attività di natura patrimoniale: i genitori, in qualità di rappresentanti legali, si sostituiscono al figlio nella gestione e amministrazione dei diritti facenti capo al minore, fintantoché questi non raggiunga la maggiore età.

Qualora i genitori manchino o siano impossibilitati ad esercitare la responsabilità genitoriale, il minore deve essere sottoposto a tutela, con la conseguente nomina di un soggetto (c.d. tutore) che curi gli interessi dell’incapace fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età. Il tutore, pertanto, si sostituisce al minore, quale suo rappresentante legale, nel compimento degli atti gestori riguardanti il suo patrimonio.

La figura del tutore caratterizza altresì un’altra fattispecie di totale incapacità di agire, vale a dire la c.d. interdizione giudiziale. Il soggetto che sia affetto da una infermità di mente abituale, tanto grave da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi, può essere dichiarato interdetto con sentenza che produce effetto dal momento della sua pubblicazione (a meno che la sentenza di interdizione non venga pronunciata nel corso del diciassettesimo anno di età del soggetto infermo, nel qual caso l’efficacia inizia a decorrere dal compimento del diciottesimo anno).

L’interdizione giudiziale inibisce all’interdetto il compimento di qualunque atto inerente al suo patrimonio, salvi eventuali atti di ordinaria amministrazione specificamente menzionati nella sentenza di interdizione. Sarà quindi il tutore, appositamente nominato, a doversi prendere cura degli interessi dell’incapace, tra le altre cose sostituendolo (quale suo rappresentante legale) nel compimento di atti aventi natura negoziale.

Una misura di gran lunga meno invasiva rispetto all’interdizione è la c.d. inabilitazione, la cui funzione è quella di evitare che sul soggetto debole si ripercuotano gli effetti pregiudizievoli dell’attività negoziale. Essa può essere pronunciata con sentenza al ricorrere di una infermità abituale non grave, ma che renda attuale il pericolo per il soggetto di subire un pregiudizio soprattutto economico.

L’inabilitato non perde totalmente la propria capacità di agire. Egli infatti può compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione e quegli eventuali e specifici atti di straordinaria amministrazione che vengano indicati nella sentenza di inabilitazione. Gli altri atti di straordinaria amministrazione richiedono, invece, l’intervento congiunto dell’inabilitato e del curatore nominato nella sentenza di inabilitazione, attraverso una compartecipazione volitiva che attribuisce validità al negozio giuridico.

La poca flessibilità che caratterizza le misure dell’interdizione e dell’inabilitazione ha spinto il legislatore a introdurre la figura ad oggi maggiormente utilizzata per la tutela dei soggetti privi di autonomia.

Si sta parlando dell’amministrazione di sostegno, idonea a superare i limiti propri delle altre misure di protezione, rivelatesi nel tempo troppo stringenti e troppo poco duttili rispetto alle specifiche esigenze del soggetto da tutelare.

In particolare la misura dell’amministrazione di sostegno – adatta ad ogni ipotesi di infermità oppure menomazione psichica o fisica che impedisca al soggetto di provvedere, anche parzialmente o temporaneamente, ai propri interessi – consente al giudice la predisposizione di un regime ad hoc, attraverso l’analisi concreta delle caratteristiche e delle esigenze del soggetto beneficiario.

Il giudice tutelare, infatti, calibra il rimedio sulla persona, prevedendo – all’interno del decreto di nomina dell’amministratore di sostegno – gli atti che devono essere compiuti dall’amministratore in sostituzione (quale suo rappresentante legale) del beneficiario e gli atti che può compiere il beneficiario con l’assistenza dell’amministratore (c.d. compartecipazione volitiva di beneficiario e amministratore). Rispetto a tutti gli atti ivi non menzionati, il beneficiario conserva la capacità di agire, con conseguente valorizzazione e tutela della sua dignità personale.

I genitori, il tutore del minore, il tutore dell’interdetto, il curatore e l’amministratore di sostegno, prima del compimento di atti dispositivi aventi ad oggetto il patrimonio dell’incapace o comunque eccedenti l’ordinaria amministrazione, devono ottenere l’autorizzazione da parte di una autorità, chiamata a valutare la convenienza dell’atto per gli interessi dell’incapace e chiamata a individuare l’eventuale reimpiego del corrispettivo degli atti di disposizione.

È con riferimento a tale ambito che il D.Lgs. n. 149/2022 produce effetti dirompenti, sotto un duplice aspetto.

In primo luogo, il decreto abroga l’art. 375 c.c. e rimodula l’art. 374 c.c., con la conseguenza che, per effetto della sua entrata in vigore, unico giudice competente ad autorizzare il compimento di atti incidenti sul patrimonio dell’incapace è il giudice tutelare. Viene infatti eliminato il coinvolgimento del tribunale in composizione collegiale, in precedenza chiamato a pronunciarsi sul compimento – da parte del tutore – degli atti che presentavano un maggiore grado di pericolosità e che erano tassativamente elencati nell’art. 375 c.c., con ciò parificando il regime autorizzativo vigente per tutte le misure di protezione sopra analizzate.

In secondo luogo, come anticipato, viene introdotta la competenza concorrente del notaio, il quale – chiamato a ricevere un atto che veda come protagonista un soggetto incapace – ha la possibilità di realizzare personalmente, anche avvalendosi di consulenti, le valutazioni solitamente compiute dall’autorità giudiziaria ed eventualmente rilasciare l’autorizzazione strumentale alla futura stipula dell’atto notarile, qualora questo si riveli conforme agli interessi del soggetto da tutelare.

Per espressa previsione di legge, l’autorizzazione concessa dal notaio dovrà essere comunicata alla cancelleria del tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale e al pubblico ministero presso il tribunale medesimo.

A partire da tali comunicazioni, inizia a decorrere il termine di venti giorni entro il quale sarà possibile proporre reclamo.

Decorso detto termine, l’autorizzazione del notaio acquisterà efficacia, salva la possibilità per il giudice tutelare di modificare o revocare in ogni tempo il provvedimento autorizzativo, senza tuttavia che ciò possa pregiudicare i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca.

Il Decreto Legislativo n. 149/2022 non è privo di ulteriori novità, aventi valenza parimenti dirompente, circostanza che ha spinto il legislatore a diversificare i termini di entrata in vigore delle norme ivi contenute fino a giungere alla data del 30 giugno 2023, «al fine di consentire un avvio consapevole, da parte degli operatori, delle novità normative» (come espressamente enunciato nella Relazione illustrativa al testo legislativo).

Certo è che, con tale riforma, il legislatore ha confermato la fiducia che l’ordinamento ripone nei confronti di una figura, quale è quella del Notaio, dotata di una preparazione e di una sensibilità giuridica tale da poter affiancare l’autorità giudiziaria nell’assolvimento di funzioni “lato sensu” giurisdizionali.

Il tutto nella consapevolezza che – a prescindere dall’autorità in concreto chiamata ad emettere il provvedimento autorizzativo – sono gli interessi del soggetto incapace a dover assumere preminente rilievo ogni qualvolta si è chiamati a valutare la necessità o l’utilità evidente di un atto che, in maniera più o meno invasiva, andrà ad incidere sul suo patrimonio.

L’impossibilità per un soggetto di autodeterminarsi impone a chiunque sia investito del relativo potere-dovere di assumere una condotta diligente e responsabile, avente quale unica finalità la tutela del destinatario della misura di protezione.

Notaio Dott.ssa Sonia Tullia Barbaro

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