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Il regime estintivo delle contravvenzioni in materia ambientale tra il D.Lgs. 152/2006 ed il Titolo VI bis del codice penale.

regime estintivo contravvenzioni materia ambientaleLa maggior parte dei reati ambientali è di natura contravvenzionale.

La linea di discrimine è rappresentata dalla attualità e reversibilità del danno cagionato con la condotta di “inquinamento” ed il pericolo per la compromissione della salute pubblica quale conseguenza dell’azione incriminata.

L’argomento, di notevole novità a cagione della maggiore sensibilità sociale e giuridica che è maturata negli ultimi anni, ha comportato la novella di cui agli articoli da 318-bis a 318-octies del D.lgs. 152/2006 (codice dell’ambiente, rectius Testo Unico Ambiente, TUA), introdotta con l’art. 1 della Legge 22 maggio 2015, n. 68, che ha previsto – in materia di reati ambientali – un meccanismo di estinzione delle contravvenzioni disciplinate nel medesimo D.lgs. 152/2006, circoscritto a quelle ipotesi che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”, anche definite contravvenzioni ambientali di natura formale, nonché l’introduzione del titolo VI-bis nel codice penale, rubricato dei “Delitti contro l’ambiente”, meglio conosciuti come “eco-delitti”, tema che sarà oggetto di separata e successiva trattazione.

In estrema sintesi, il TUA prevede una procedura amministrativa costituita da due fasi: la c.d. ‘regolarizzazione’ del contravventore attraverso l’adempimento delle prescrizioni impartite in via amministrativa ed il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Il meccanismo prevede che l’organo di vigilanza, dopo aver accertato una contravvenzione suscettibile di regolarizzazione (sotto forma di cessazione del reato o di rimozione delle sue conseguenze dannose o pericolose), oltre a riferire senza ritardo al pubblico ministero la notizia di reato, impartisce al contravventore un’apposita prescrizione, fissando un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario per rimuovere l’irregolarità.

Successivamente (ovvero entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato), lo stesso organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità imposte e nel termine indicato nella prescrizione. Se vi è stato corretto e tempestivo adempimento, la contravvenzione si estingue e il contravventore è ammesso a pagare una sanzione di importo pari ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista.

L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulti congruo a norma dell’art. 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza, sono valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 162-bis del codice penale (disciplina generale delle oblazioni) e, in tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

Diversamente, se l’adempimento non è avvenutoil processo (precedentemente sospeso in attesa della verifica dei presupposti per la sua estinzione ed il versamento della sanzioneriprende il suo corso.

La procedura estintiva, che ricalca quella già sperimentata per le contravvenzioni in materia di infortuni sul lavoro (art. 20 e ss. del D.lgs. 758/1994 e D.lgs. 81/2008), si pone in un’ottica deflattiva rispetto agli illeciti penali caratterizzati da un ridotto livello di offensività del bene giuridico protetto: in tal senso, la Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 06/07/2021, n. 25528 ha recentemente chiarito che «Il meccanismo delineato dagli artt. 318-bis e ss. del Dlgs. 152/2006 è volto a stabilire la sequenza degli atti prodromici all’estinzione delle contravvenzioni ambientali previste e punite nello stesso Dlgs. 152/2006, e non a condizionare l’esercizio dell’azione penale. In particolare, lo scopo delle prescrizioni è quello di ‘eliminare la contravvenzione accertata’, ma non di subordinare al suo adempimento la procedibilità dell’azione. La sospensione del procedimento (dall’iscrizione della notizia di reato alla definizione della procedura conseguente all’adozione delle prescrizioni) è semplicemente volta ad impedire inutili processi ed evitabili pendenze giudiziarie.»

Le criticità applicative delle disposizioni contravvenzionali-estintive del TUA riguardano principalmente la tecnica redazionale delle norme, che mal si conciliano in ambito di sistematicità con i principi generali in tema di pene alternative: ed infatti, sebbene il titolo della Parte VI-bis del TUA sia rubricata “Disciplina degli illeciti amministrativi e penali in materia ambientale”, l’art. 318-bis ne sembrerebbe confinare l’applicabilità nel ristretto ambito delle sole ipotesi contravvenzionali incluse nel D.lgs. 152/2006, determinando un vuoto normativo in relazione alle condotte punibili con pena alternativa. Per stabilire quali siano le fattispecie sussumibili nella disciplina in esame ci si è dunque focalizzati sull’aspetto sanzionatorio.

Ciò premesso, e senza entrare nel merito della disputa dottrinale in ordine alle diverse opzioni interpretative, deve evidenziarsi che in materia ambientale non esiste una disposizione simile a quella prevista dall’art. 301 del D.lgs. 81/2008 (che stabilisce esplicitamente l’applicabilità del regime estintivo a tutte le contravvenzioni in materia di lavoro punibili con pene alternative), di guisa che, nel silenzio della legge ed alla stregua del combinato disposto degli artt. 318-bis e 318-septies D.lgs. 152/2006, le linee guida emanate dalle Procure della Repubblica più avvedute, prevedono l’estensione del regime di favore anche alle fattispecie punibili con pene alternative, relegando alla maggiore “latitudine applicativa” contemplata nella disciplina degli eco-delitti le condotte illecite caratterizzate da una “compromissione o un deterioramento significativi e misurabili” dell’ambiente.

Giova sottolineare altresì, che i molteplici e recenti interventi giurisprudenziali sul tema (Cass., Sez. III, 22/08/2018, n. 38787 e Cass, Sez. III., 20/05/2021 n. 19986), hanno ermeneuticamente rilevato l’inesistenza di un preciso obbligo prescrizionale ai fini estintivi da parte delle autorità preposte: è onere dell’interessato-indagato-imputato richiedere l’applicazione della disciplina estintiva di favore o, in subordine, di quella generale circa l’oblazione, altrimenti il processo farà il suo corso.

Da tali pronunce emerge infine che – in analogia con quanto previsto dalla disciplina in materia di infortuni sul lavoro – la procedura estintiva di cui agli artt. 318-bis e ss. del D.lgs. 152/2006 risulta applicabile pur in assenza di prescrizioni concretamente impartibili, cosicché il contravventore potrà essere direttamente ammesso al pagamento della sanzione amministrativa in modo da perfezionare la fattispecie estintiva.

Gli aspetti maggiormente problematici, in ottica di contrasto formale o apparente di norme, riguardano invece il coordinamento sistematico tra le disposizioni in commento ed il titolo VI bis del codice penale, laddove sono stati codificati sei nuovi reati: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo, omessa bonifica ed ispezione di fondali marini; delitti fondati su un maggiore disvalore giuridico delle condotte e spesso riconducibili al fenomeno delle cc. dd. “eco-mafie”.

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